Diritto amministrativoTecnologia BIM e appalti pubblici. Una nuova tappa per la digitalizzazione della P.A.

Originariamente pubblicato su http://www.salvisjuribus.it/tecnologia-bim-e-appalti-pubblici-una-nuova-tappa-per-la-digitalizzazione-della-p-a/

La tecnologia B.I.M. corrisponde all’acronimo Building Information Modeling, ovvero un modello per ottimizzazione la progettazione, realizzazione e gestione di costruzioni in ambito di edilizia ed infrastrutture. Tramite tale strumento, tutti i dati rilevanti di una costruzione e presenti in ogni fase del processo devono risultare disponibili in formati digitali aperti e non proprietari. Nel suo significato tecnico, lo si può definire come il processo di sviluppo, crescita e analisi di modelli multi-dimensionali virtuali generati in digitale per mezzo di programmi installati su computer e piattaforme simili.

Il ruolo del BIM nell’industria delle costruzioni (attraverso i suoi attori, siano questi Architetti, Ingegneri, Geometri, Periti, Costruttori, Clienti) è di sostenere la comunicazione,  cooperazione,  simulazione ed il miglioramento ottimale di un progetto, lungo il ciclo completo di vita dell’opera costruita. Si tratta di un procedimento che sta rivoluzionando il settore edile, sia privato che pubblico, in modo da accompagnare lo stesso nell’era digitale[1], snellendo i rapporti tra Pubbliche Amministrazioni, imprese private, tecnici e cittadini. La vigente normativa italiana prevede un’introduzione progressiva dell’obbligatorietà del BIM negli appalti pubblici: si parte dal primo gennaio 2019 per le opere complesse con importi superiori a 100 milioni di euro, fino al 2025, quando il BIM sarà obbligatorio per ogni appalto pubblico.

Nel suo significato tecnico, BIM è la rappresentazione di un modello di dati diversi di un edificio relazionati alle diverse discipline che lo definiscono. I dati contenuti nel modello sono numerosi in quanto definiscono tutte le informazioni riguardanti uno specifico componente di una costruzione. Il ciclo di vita dell’opera costruita è definito dalla fase progettuale attraverso la fase di realizzazione fino a quella di uso e manutenzione. Un BIM può contenere qualsiasi informazione riguardante l’edificio o le sue parti. Le informazioni più comunemente raccolte riguardano la localizzazione geografica, la geometria, le proprietà dei materiali, componenti, sistemi e degli elementi tecnici, le fasi di realizzazione, le operazioni di manutenzione, lo smaltimento di fine ciclo[2].

Nella sua evoluzione normativa, tale tecnologia trova la sua prima testimonianza nella Direttiva 2004/18/CE, secondo la quale venivano previste modalità elettroniche di acquisizione degli appalti pubblici, in aggiunta alle procedure tradizionali. In particolare, il Considerando n.12 prevedeva che: “tali tecniche consentono un aumento della concorrenza e dell’efficacia della commessa pubblica, in particolare grazie al risparmio di tempo e di danaro derivante dal loro utilizzo”, in quanto “la promozione della ricerca e dello sviluppo tecnologico costituisce uno dei mezzi per potenziare le basi scientifiche e tecnologiche dell’industria della Comunità e l’apertura degli appalti pubblici di servizi contribuisce al conseguimento di questo obiettivo”[3].

La via tracciata dal legislatore comunitario, tendente all’innovazione tecnologica, riceve ulteriore linfa dalla successiva Direttiva 2014/24/CE sugli appalti pubblici. Detta Direttiva punta a modernizzare il settore dei contratti pubblici, incentivando gli stati membri ad un investimento superiore sulla qualità delle offerte e delle gare.
La centralità della tecnologia, tra gli strumenti necessari per il raggiungimento della crescita intelligente, sostenibile e inclusiva” propugnata dalla strategia Europa 2020”, si può cogliere, altresì, dalla lettura del Considerando n. 47, il quale stabilisce che: “La ricerca e l’innovazione, comprese l’eco-innovazione e l’innovazione sociale, sono uno dei principali motori della crescita futura e sono state poste al centro della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Le Autorità pubbliche dovrebbero utilizzare gli appalti pubblici strategicamente nel miglior modo possibile per stimo-lare l’innovazione. L’acquisto di prodotti, lavori e servizi innovativi svolge un ruolo fonda-mentale per migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici e nello stesso tempo affrontare le principali sfide a valenza sociale.” Ma è con il Considerando 52 della Direttiva che si palesa l’intento del legislatore comunitario di puntare sui mezzi elettronici di informazione e comunicazione per “accrescere l’efficacia e la trasparenza delle procedure di appalto” (Considerando 52).

Il citato principio generale viene ulteriormente declinato con l’art. 22 Direttiva 2014/24/CE rubricato “Regole applicabili alle comunicazioni” con il quale nel prevedere per gli Stati Membri la possibilità di richiedere l’uso di strumenti elettronici specifici, si stabilisce che gli strumenti e i dispositivi da utilizzare per comunicare per via elettronica, abbiano carattere non discriminatorio, siano comunemente disponibili e non limitino l’accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione.

Il legislatore, infine, con il comma 4 dell’art. 22 dispone che: “gli Stati membri possono richiedere l’uso di strumenti elettronici specifici, quali gli strumenti di simulazione elettronica per le informazioni edilizie o strumenti analoghi”, tra i quali può sicuramente essere ricompreso il BIM. Detta norma si limitava, tuttavia, a prevedere una mera possibilità di richiedere l’utilizzo di strumenti elettronici – nella traduzione italiana peraltro eliminando l’espresso riferimento alla modellazione – senza renderli obbligatori.

In applicazione della normativa comunitaria, il legislatore interno ha introdotto il D.lgs n.50/2016 di recepimento della summenzionata Direttiva, ponendo le basi del percorso di elaborazione di nuove norme, in grado di innovare ed integrare le precedenti disposizioni in materia di digitalizzazione.

Sul punto va detto che ad oggi, a più di due anni dall’entrata in vigore del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, non è stato ancora condiviso il decreto di cui all’art. 44 del D.Lgs 50 del 2016, che definirà le modalità di digitalizzazione delle procedure di tutti i contratti pubblici, né varate le disposizioni attuative relative alla qualificazione delle stazioni appaltanti, provvedimenti evidentemente centrali, per una definizione della materia in esame.

Prendendo le mosse dall’esigenza – espressa nella Legge Delega n. 11/2016 – di valorizzare la fase progettuale anche per mezzo del progressivo uso di metodi e strumenti elettronici specifici, quali quelli di modellazione elettronica e informativa per l’edilizia e le infrastrutture, con l’articolo 23 comma 13 del Codice dei Contratti Pubblici, si codifica per la prima volta, la possibilità per le stazioni appaltanti di richiedere l’utilizzo della “metodologia” BIM.

Il legislatore nazionale, rispetto a quanto previsto dall’art. 22 comma 4 della Direttiva 2014/24/CE, infatti, estende l’introduzione obbligatoria non solo agli strumenti ma anche ai “metodi”, ciò al fine di rimarcare la complessità della metodologia BIM, ma anche presumibilmente la necessità di acquisire nuove competenze da parte del comparto delle costruzioni.

Nel contesto di un percorso generale di digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche e dell’intera filiera delle costruzioni, le Stazioni Appaltanti, con l’entrata in vigore del D.Lgs. n° 50 del 2016, possono richiedere l’uso dei metodi e strumenti elettronici specifici, per le nuove opere nonché per interventi di recupero, riqualificazione o varianti, prioritariamente per i lavori complessi; trattasi, pertanto, di una graduale apertura del mercato ai metodi e strumenti specifici, che a tutt’oggi non sono generalmente diffusi tra gli operatori.

L’art. 23 comma 13 individua, ancora, le caratteristiche che devono possedere gli strumenti elettronici specifici: gli stessi utilizzano piattaforme interoperabili a mezzo di formati di file aperti e non proprietari, con l’evidente scopo di non limitare la concorrenza tra i fornitori di tecnologie. Si prevede inoltre quale precondizione per l’uso dei metodi e strumenti elettronici, la presenza nelle stazioni appaltanti di personale adeguatamente formato.

Una svolta si è avuta in data 12.01.2018 con la pubblicazione del Decreto Ministeriale 1 dicembre 2017, n. 560, d’attuazione del medesimo articolo.
Come evidenziato dalla “Relazione di Accompagnamento” al DM 560, esso propone al comparto dei lavori pubblici la modellazione e la gestione informativa come fattori di accrescimento del sistema delle convenienze, per mezzo di un’implementazione graduale ma anche grazie ad una progressiva maturazione culturale, in modo da lasciare comunque impregiudicato il ruolo delle imprese. Inoltre punta all’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese e dei professionisti che potranno operare in un contesto internazionale a trazione digitale; rappresenta uno degli interventi finalizzati al raggiungimento di una migliore qualità dei progetti e delle opere. Infine, mira attraverso la digitalizzazione dei processi, ad una sempre maggiore trasparenza ed efficienza dell’intero comparto dei lavori pubblici.
Il Decreto, definisce le modalità e i tempi di progressiva introduzione dell’obbligatorietà dei metodi e degli strumenti elettronici specifici, individuando altresì il campo di applicazione degli stessi; si precisa infatti che l’utilizzo dei medesimi si estende a tutte le fasi di un’opera, dalla programmazione alla gestione, ivi comprese le attività di verifica. Vengono introdotte, inoltre, una serie di definizioni, in parte già contenute nel Codice dei contratti pubblici, in parte inedite.
Tra quest’ultime rientra la definizione di “ambiente di condivisione dei dati”, peraltro analoga a quella prevista dalla Norma UNI11337-1, di estrema rilevanza, considerata la centralità di detto ecosistema digitale per la metodologia BIM.
Degno di nota è sicuramente il disposto dell’art. 3. Con detta norma vengono stabilite le condizioni – che debbono sussistere contemporaneamente – affinché le Stazioni Appaltanti possano utilizzare i metodi e gli strumenti di cui all’articolo 23, comma 13 del Codice dei Contratti Pubblici (piano di formazione del personale, piano di acquisizione o di manutenzione degli strumenti hardware e software, atto organizzativo che espliciti il processo di controllo e gestione, i gestori dei dati e la gestione dei conflitti).

Il nucleo fondante del provvedimento in esame, è costituito, tuttavia, dal cosiddetto “Capitolato”, declinato dall’art. 7 del DM 560, coincidente con il “Capitolato Informativo” già previsto dalla norma UNI 11337, grazie all’attribuzione alla stazione appaltante – attraverso la redazione del medesimo – del ruolo di soggetto determinante del procedimento in materia di modellazione e di gestione informativa.

Come anticipato il DM all’art. 6, detta le scadenze temporali dell’obbligatorietà sulla base degli intervalli di importi posti a base di gara e della sussistenza della natura di complessità dei lavori, a partire dal 1° gennaio 2019, per i lavori complessi relativi a opere di importo a base di gara pari o superiore a 100 milioni di euro, per poi arrivare dopo ulteriori step intermedi per importi minori, fino alle opere di importo inferiore a 1 milione di euro, per le quali il termine decorre dal 1° gennaio 2025.

A mente, tuttavia, di quanto previsto dall’art. 5, rubricato “Utilizzo facoltativo dei metodi e strumenti elettronici di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture”, a decorrere dal 28.01.2018, le stazioni appaltanti, purché abbiano adempiuto agli obblighi di cui all’art. 3, potranno richiedere l’uso dei metodi e degli strumenti elettronici per le nuove opere nonché per interventi di recupero, riqualificazioni o varianti.

Va segnalato, infine, che gli operatori della domanda pubblica e dell’offerta privata potranno essere supportati, sulla materia de qua, in termini di formulazione di criteri di indirizzo e di misure operative, dalla Commissione di Monitoraggio contemplata dall’art. 8, alla quale è delegato altresì il compito di tenere sotto osservazione il livello di attuazione e implementazione dei metodi e degli strumenti specifici[4].

Pur non prevedendo una disciplina puntuale della materia in esame né contenendo indicazione operative, il DM 560 del 2016 si pone a tutti gli effetti come un provvedimento innovativo, non solo per il panorama nazionale, ma altresì come un precedente a livello comunitario, in termini di estensione dell’obbligatorietà dei metodi e degli strumenti citati.Ciò posto, fermo restando la funzione della Pubblica Amministrazione di declinare e meglio specificare in termini cogenti, i principi generali posti dalla normativa in esame, i medesimi non si potranno, evidentemente, sottrarre ad un necessario confronto con le norme UNI 11337, aventi ad oggetto la gestione digitale dei processi informativi delle costruzioni.

Da ultimo, nel 2019, sono state introdotte come strumento formativo e consultivo, le Linee Guida IBIMI (Istituto per il Building Information Italia), divenuto il nuovo capitolo italiano di building Smart. Esse hanno l’obiettivo di supportare le Pubbliche Amministrazioni e le committenze in generale nel processo di redazione di un Capitolato Informativo ed in particolare nella definizione dei formarti file da specificare nella sezione tecnica, nell’ambito di una gara in cui sia adottata la metodologia BIM.

Tale strumento in armonia con la legislazione nazionale, anche tecnica, oltre che con le disposizioni del Codice Appalti (D.Lgs n.50/2016) ed il Codice dell’Amministrazione Digitale (D.Lgs n.82/2005), contribuisce ad indirizzare ed incoraggiare le stazioni appaltanti verso le scelte più opportune, per non contravvenire alle prescrizioni normative vigenti e di effettuare le scelte più vantaggiose per le committenze stesse, al fine di ridurre il rischio di contenzioso.

In conclusione, le Linee Guida mirano a fornire un valido supporto nella redazione delle sezioni tecniche dei Capitolati, con particolare riguardo ai formati file da richiedere ai fornitori, per garantire un corretto flusso informativo tra stazione appaltante ed operatori dell’appalto (imprese, tecnici, operatori di facility management).
Guardando le statistiche recenti, diffuse dal Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori e dal Cresme[5] (Centro Ricerche economiche e sociali del mercato dell’edilizia), nel 2018 l’ammontare delle gare di progettazione in BIM è, infatti, salito a 246 milioni di euro, contro i soli 36 milioni nel 2017, registrando una crescita pari a 8 volte e una forte accelerazione nel quarto trimestre quando si sono toccati gli 80 bandi per 163 milioni di euro.

L’analisi del numero di bandi in BIM mostra che si è passati da circa 30 procedure nel biennio 2015-2016 a 99 iniziative nel 2017 e poi a 291 procedure nel 2018, il triplo rispetto al 2017. Lo scenario della crescita di tale strumento non sembra, quindi, essere dovuto solo alla sua obbligatorietà, quanto piuttosto alla consapevolezza che si tratta di uno strumento che contribuisce all’ evoluzione del settore della progettazione e soprattutto delle costruzioni.

Sul fronte della committenza, nel 2018 si distinguono le Amministrazioni pubbliche centrali per numero di gare (172, per un importo di 82,7 milioni di euro, su 291 gare totali) e le Regioni per importo (9 gare per 35,5 milioni di euro). Si distinguono anche i gestori di servizi pubblici: con 22 gare e 71,5 milioni di euro svolgono un ruolo importante nella crescita del BIM.  Circa i Comuni, sono 31, per un ammontare di 12,5 milioni di euro.
Nell’ambito delle Amministrazioni centrali spicca l’Agenzia territoriale del Demanio; tra le Regioni spiccano i 6 bandi per un totale di 32,6 milioni indetti dalla Regione Campania e il bando dell’importo di 235mila euro dalla Regione Basilicata per i servizi di progettazione per il completamento, adeguamento ed ampliamento del Presidio Ospedaliero Villa D’Agri, 1° stralcio funzionale.


 

[1] Building Information Modeling – a strategic implementation guide for architects, Engineers, Constructors and Real Estate Assett Managers – Dana K. Smith, Michael Tardiff – Wiley.com
[2] BIM: metodi e strumenti. Progettare, costruire e gestire nell’era digitale – Alberto Pavan, Claudio Mirarchi, Matteo Giani, 2016
[3] http://www.bosettiegatti.eu/info/norme/comunitarie/2004_0018.htm
[4] Una panoramica sul Building Information Modelling (BIM), T.Dalla Mora, F.Peron, F.Cappelletti, P.Romagnoni, P.Ruggeri, 2014 Milano.
[5] XXVI Rapporto Congiunturale e Previsionale Cresme, Il mercato delle costruzioni 2019, lo scenario di medio periodo 2018-2023.

Antonio Capasso

di Antonio Capasso

Socio del Centro Studi Giuridici ed Economici dell’impresa-Irpinia, diplomato presso la Scuola di Specializzazione delle Professioni Legali della Federico II, dal giugno 2017 è Cultore della materia in diritto commerciale presso la facoltà di Scienze Politiche della Federico II. Nella sua attività forense si occupa soprattutto di crisi d’impresa, diritto dei contratti e di famiglia. Da settembre 2022, ricopre il ruolo di assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”.

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